Consulenza Patrimoniale: la consulenza finanziaria evolve

La gestione di un patrimonio non è sempre e solo un problema finanziario, ma spesso richiede un intervento capace di risolvere una serie di criticità personali o familiari, aziendali e fiscali. Da poco tempo è stato coniato un neologismo quello di “patrimonialista”, ossia di un professionista in grado di assistere l’intero nucleo familiare, e non solo il singolo individuo, sull’intero patrimonio, in un’ottica sempre più transgenerazionale: è questa la sfida che un private banker dovrà sapere affrontare per evolvere da un servizio offerto di consulenza finanziaria a consulenza patrimoniale.

Sarà automatico sostituire i biglietti da visita con il nuovo titolo “patrimonialista”?

Alla luce degli impatti della MiFID II e dell’evoluzione tecnologica ci sono degli elementi di criticità di questa sfida soprattutto nel percepito dei client. C’è da evidenziare che il ruolo del private banker si è già modificato almeno nel corso degli ultimi 10 anni, passando da un modello improntato alla consulenza finanziaria in senso stretto (quindi alla gestione del portafoglio coerente a determinati obiettivi) a un modello che disegna il private come un interlocutore “pivot” in grado di rappresentare il punto di riferimento cui esprimere le proprie esigenze e i propri vincoli, fino a diventare un vero e proprio ambasciatore verso i professionisti di cui il cliente ha bisogno.

Una transizione degna di una “ traversata nel deserto

L’evoluzione da consulenza finanziaria a consulenza patrimoniale non è facile, e infatti ha rappresentato per alcuni consulenti che si sono mossi in tal senso un passaggio impegnativo: sia perché è stato ed è necessario un investimento economico e di tempo per raggiungere un’adeguata formazione (dipende anche dalle società di appartenenza e dall’età), sia per la indispensabile ed efficace organizzazione interna del proprio ufficio (team tra colleghi, segreteria, assistenti junior) che liberi tempo utile da dedicare ad attività (high margin revenues) rivolte alla ricerca di soluzioni mirate alle tematiche sul patrimonio dei clienti Hnw, al contatto con partner esterni come commercialisti, avvocati, notai, etc.

La ”traversata nel deserto” ha avuto e sta avendo anche altri effetti: si stanno creando distanze tra i consulenti che guardano avanti e si attrezzano per il nuovo ruolo e tra coloro che sono rallentati nel percorso. Inoltre, a rendere ancor più faticoso, ma anche inevitabile, il cammino verso la figura del “patrimonialista” è sopraggiunta l’innovazione tecnologica, fintech, roboadvisory (si chiami come si vuole), ma la nuova sfida per il futuro sarà anche di confrontarsi con l’intelligenza artificiale.

Il Consulente (patrimoniale) del futuro

A questo punto, quindi, l’intelligenza emotiva del consulente attrezzato per cogliere le esigenze anche più profonde relative all’intero patrimonio familiare dei clienti sarà l’elemento che farà la differenza. I migliori consulenti faranno la differenza perché saranno in grado di portare soluzioni personalizzate, idonee e flessibili che un algoritmo o un programma non potrebbero mai elaborare: si tratta di soft skills fortunatamente appartenenti al mondo degli umani.

Per esempio, nella proposta di una soluzione in ambito di protezione e pianificazione patrimoniale, il trust rappresenta uno tra gli strumenti giuridici, utili a proteggere beni o diritti, da destinare a uno o più beneficiari, in grado di ritagliare un “abito su misura” assolutamente unico. L’effetto più rilevante è quello della segregazione patrimoniale solitamente caro agli imprenditori e professionisti, anche se sfatando il mito di struttura costosa sempre più si sta concretizzando l’uso del trust sia in ambito di tutela di soggetti deboli (vedasi Legge Dopo di Noi) sia in ambito di pianificazione successoria (in quest’ultimo caso si possono ipotizzare forme di erogazione di rendite o capitale ai beneficiari anche su orizzonti temporali lunghi, difficilmente realizzabili tramite altri strumenti). Nel caso di timori o remore da parte del disponente sullo spossessamento anticipato dei suoi asset, esistono efficaci soluzioni come il trust testamentario o il trust dormiente.

Consulenza finanziaria e giurisprudenza

La dottrina e la giurisprudenza si sono occupati in modo copioso di una particolare forma di trust che è quello autodichiarato, che prevede la coincidenza tra trustee e disponente; spesso questa casistica è stata oggetto di contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria fino a paventare la nullità dell’atto costitutivo. Con la sentenza del 26.10.2016 n. 21614 la Corte di Cassazione è tornata a occuparsi di questa fattispecie e appare di particolare rilevanza in quanto ne sancisce la legittimità e fissa nuovi principi che rivedono precedenti orientamenti giurisprudenziali e dell’amministrazione finanziaria. La sentenza stabilisce, infatti, con riferimento alla tassazione dovuta che al trust autodichiarato non si applicano le imposte proporzionali dovute per i trasferimenti di beni e diritti bensì quelle previste in maniera fissa.

Consulenza finanziaria e fisco

L’affermazione di questo principio è particolarmente rilevante sia in campo fiscale sia che in campo civilistico in quanto si pone, per sua stessa affermazione, in contrasto con una serie di nutrite interpretazioni giurisprudenziali, alcune delle quali avevano addirittura negato legittimità alla figura stessa del trust autodichiarato. Con tutta probabilità questa giurisprudenza sfavorevole all’istituto era motivata da fattispecie concrete in cui era stato operato un ricorso fin troppo disinvolto al trust: si pensi al caso del soggetto fortemente indebitato che cerchi di sottrarre ai creditori i propri beni attraverso atti dispositivi a favore di trust di cui magari era esso stesso trustee con le conseguenti possibili azioni revocatorie e in certi casi di nullità che ne derivavano. Quest’ultimo esempio conferma l’importanza del lavoro in team tra professionisti: spesso le soluzioni nascono dal confronto aperto accompagnando i clienti e il loro nucleo familiare ad analizzare in modo organico, e non parziale, le loro esigenze patrimoniali in tempo utile.

L’obiettivo della consulenza patrimoniale è quindi di ottimizzare le scelte da tutti i punti di vista, prendere decisioni e non rimandare. Se sei d’accordo con questa visione contattami